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Si può andare a Salisburgo “solo” per ripercorrere la prima parte della vita di Mozart, visitando le due case dove è nato e dove è vissuto prima di trasferirsi a Vienna; si può assistere agli spettacoli del suo mitico festival che si svolge in estate e a Pentecoste; si può gironzolare in uno dei suoi mercatini dell’Avvento, respirando appieno i profumi e le suggestioni dell’aspettativa del Natale; si possono ammirare le architetture barocche delle sue chiese.
A Salisburgo si può arrivare per vivere e godersi la città insieme ai suoi abitanti: un percorso in bicicletta lungo le rive del fiume Salzach, una passeggiata sul Mönchsberg e il Kapuzinerberg sopra cupole, tetti e campanili, un trekking attraverso i boschi ed i prati alpini che sfiorano la periferia. Salisburgo è una città ricca di segreti. “Il racconto di Salisburgo” di Paolo Gianfelici ed Elvira D’Ippoliti, IBN Editore, uscito in questi giorni in libreria, è la guida alla sua scoperta emozionale.
“La scala dei putti parlanti. Molti matrimoni si celebrano nel Castello di Mirabell: conseguenza degli incontri nel suo giardino incantato che con naturalezza si offre come parco pubblico. La spontaneità che si respira nel parco è ancora più gradita nel palazzo, la sede del Comune di Salisburgo, soprattutto in un tardo pomeriggio invernale, quando sembra che dal punto di vista turistico, per quanto riguarda la visita dei musei cittadini, si sia ormai fuori tempo massimo. Mirabell è essenzialmente un luogo di lavoro e da queste parti non si usa sbarrare le porte. Il pesante portone che permette di accedere al castello dal giardino si apre semplicemente facendo leva sulla maniglia. L’androne è tranquillo e si possono incontrare degli impiegati ancora indaffarati che si muovono veloci, ma in apparenza di buon umore. L’ambiente si restringe in un ampio corridoio. Siamo incuriositi dall’atrio, dietro una grande porta a vetri: aperta anche questa. Il soffitto a volta è alto e impreziosito da minute ghirlande di stucco bianco. Lo scalone è di marmo con la balaustra a forma di nastro che si avvolge in aggraziate volute rococò. Sui nastri marmorei sono stati collocati dei putti e dei lampioni che si alternano.
Entriamo in punta di piedi per adattare i nostri movimenti al silenzio dell’ambiente. L’insieme dello scalone è imponente con il suo carico di marmo. Saliamo e ci avviciniamo al primo putto. Siede sulla superficie ricurva della balaustra e tiene una mano sulla fronte. Forse per esprimere qualche perplessità. Decidiamo di affidargli per gioco le nostre e, ricordando che solo mezz’ora prima avevamo sbagliato per l’ennesima volta la direzione del filobus, lo sentiamo sussurrare: “Non me lo dire… Bella è bella come città, ma per capire come si muovono i filobus bisogna risiederci almeno un anno!”. “Forse basterebbe guardare meglio le fermate”, proviamo a controbattere già pentiti di aver esternato questo piccolo disagio. “E no”, la voce del putto sale di tono, tanto che temiamo che qualcuno intervenga per dirci di andarcene. “Con tutte quelle giravolte che fanno i filobus attraversando il fiume di qua e di là alle fine non ci si capisce proprio nulla, te lo garantisco!” “Io infatti rivolgo il mio sguardo verso l’alto”, interviene il secondo putto, in posizione semi sdraiata puntando con decisione un dito verso il soffitto. “Da una parte del fiume c’è la fortezza e dall’altra il convento dei frati cappuccini. Semplice no? Come fai a perderti?” Il primo putto controbatte, ma a questo punto decidiamo di continuare la salita e lasciarli discutere tra di loro.
La scala svolta a destra. Il putto di turno è lascivamente sdraiato sulla schiena. Non sembra ciarliero come gli altri due, ma dall’espressione del viso si intuisce facilmente che avrebbe molti particolari da raccontare sulla vita che il principe arcivescovo Wolf Dietrich von Raitenau (1559-1617), conduceva a Mirabell con la sua amata Salomè Alt a cui fece dono del castello e dalla quale ha avuto 15 figli. La discrezione ci impone di continuare a salire. Altri putti sono pronti a raccontarci piccoli aneddoti e fantasie. C’è chi appare desideroso di tuffarsi nel fiume, chi è pronto a levarsi di dosso l’abbigliamento minimo che lo ricopre per sperimentare cosa si prova a indossare un Tracht e chi, decisamente immusonito e poco incline al romanticismo, occupa la postazione più vicina alla sala di marmo, dove si svolgono i matrimoni.
La magnificenza di questa sala deserta, con le sue decorazioni in oro sui marmi pregiati e lo stupefacente pavimento, regala l’impressione di essere stata realizzata solo per deliziare gli occhi. Fuori dall’orario delle visite non è possibile accedervi ed il colpo d’occhio è ancora più emozionante sulla soglia d’ingresso, sbarrata da un cordone rosso.
Riscendiamo in silenzio la scala: i putti vanno a dormire presto. Il primo, quello più ciarliero, sta sbadigliando vistosamente. “Domani avete appuntamento con Mozart”, dice strofinandosi gli occhi già mezzi chiusi con entrambe le mani. “Nella sua casa sulla Makartplatz. Guardate le note e i segni, vi stupiranno”. Inutile chiedere spiegazioni: il putto ha trovato la posizione più comoda per dormire e ciò che sentiamo di lui è solo il respiro regolare che scandisce il ritmo del sonno”.
Paolo Gianfelici e Elvira D’Ippoliti, “Il racconto di Salisburgo-Guida alla scoperta emozionale della città”, Collana Terre d’Europa, IBN Editore, 2013, 13 euro.