Testo Brunella Marcelli, foto Domenico Inguì
Barcellona – Arrivare a Barcellona via mare è già di per sé un’esperienza, ma tornarvi dopo molti anni lo è ancora di più. E se poi ci aggiungiamo il lockdown dell’ultimo biennio, possiamo dire che ritrovare il sapore del viaggio rappresenta un momento esaltante. Questo viaggio è una toccata e fuga: solo due giorni e non ho tempo di soffermarmi troppo. Scelgo il tema del vagabondaggio, quel perdersi e ritrovarsi, affidandosi all’imprevedibilità. È così che si possono fare piacevoli scoperte. Senza troppi programmi, uscendo dagli schemi. Alloggio in un albergo del Barrio Gotico, cuore antico della città, attraversato però da un’anima giovane che si rinnova di ora in ora. Luogo d’arte e di movida. Arrivo che è già sera. Le ombre creano straordinari effetti di luce tra le architetture gotiche. Godo della vista di Barcellona dall’alto della terrazza dell’albergo. Non la ricordavo così variegata nel suo assetto urbanistico. Un assaggio a 360 gradi di quello che mi aspetta.
Riemergono ricordi del mio precedente viaggio e protagonista è sempre la notte che è rimasta febbrile ora come allora. Il quartiere, museo a cielo aperto di giorno, si accende al calar della sera. Numerosi i ritrovi e i bar tra il dedalo delle sue viuzze: un vero e proprio labirinto di “perdizione” enogastronomica. In un piccolo ristorante dall’atmosfera calda e festosa, assaporo uno splendido polpo e altre gustose tapas, accompagnate dal vino tinto locale. Il posto è pieno, vivo e l’atmosfera contiene un palpabilissimo brio. Della paura del covid, nessuna traccia.
Il giorno dopo sono pronta per godere del quartiere alla luce del sole, sempre senza una meta in particolare. Essendo interamente pedonale, piuttosto che percorrere la traiettoria verticale della rambla che arriva fino al mare, scelgo di nuovo di procedere random. Il Barrio contiene tesori. Infatti, non è soltanto l’attuale centro storico della città catalana, ma ha rappresentato il fulcro della vita politico-religiosa della Barcellona medievale. Sorto sulle vestigia del Barcino, l’antico nucleo romano, il quartiere mantiene l’assetto urbanistico romano del cardo e decumano. Una sorta di genius loci che permane in queste minuscole strade costeggiate da maestosi palazzi, dove non è difficile imbattersi in resti romani. Un percorso verticale e stratificato nella storia di Barcellona. Ma anche un’immersione nei suoi sapori, negli odori, nella sua vita intera. Luci e ombre. Le stradine si aprono su inaspettate piazze come Plaça Reial o Plaça Sant Jaume. Piccole arterie dove camminare in solitario e luoghi di raccolta ad alta densità, come la Boqueria, l’antico mercato della città, la cui struttura attuale risale a metà dell’800. Mi colpisce l’organizzazione e la pulizia immediata delle strade, anche in prossimità del mercato. Ricordavo una Barcellona più caotica. Quella che scopro oggi è una città che gestisce con maestria il grande flusso turistico. Mi inoltro tra i banchi colorati del mercato. Ai lati, cittadini e turisti assaporano tapas. Un’animazione senza sosta.
Decido di concludere il giro, soffermandomi sulla cattedrale di Santa Eulalia, patrona della città. Impressiona la sua magnificenza monumentale. Varco la soglia e mi lascio avvolgere dalla luce soffusa che proviene dalle vetrate colorate. Di grande rilievo è anche lo splendido coro al centro. Percorro il perimetro della chiesa, soffermandomi su ognuna delle ventotto cappelle laterali. Nel chiostro ci sono le tredici oche bianche di Santa Eulalia, protettrici della chiesa. Ma assolutamente da non perdere è la terrazza da cui si gode di una spettacolare vista di Barcellona. In lontananza posso scorgere la Sagrada Familia con i suoi pinnacoli svettanti verso il cielo.
E il giorno dopo ci sono. Giro intorno al monumento, simbolo di Barcellona. Con lo sguardo rivolto verso l’alto, mi soffermo sui particolari. Non potevo lasciare la città senza una visita. Il lavoro è andato avanti, ma è sempre incompleto. Un work in progress senza fine. Unicum architettonico, con uno stile ecclettico che fonde in una struttura geometricamente complessa, elementi presi dall’arte gotica, barocca, bizantina, medioevale e moresca, l’opera modernista di Gaudì continua a stupire, rispecchiandosi nella bizzarria della città.
Uno spirito anticonvenzionale, una sorta di senso di anarchia superorganizzata permea la città catalana. Ho l’impressione di un popolo fiero, pieno di vita e con un forte senso d’identità. Prima di tornare in albergo, faccio in tempo a immergermi nell’animazione del quartiere universitario. Una sosta presso il MACBA, l’edificio bianco progettato da Richard Meier. Le opere all’interno non mi colpiscono più di tanto. Ma scopro che per ogni skater, questo è un imperdibile luogo di pellegrinaggio. Bravissimi skateboarder usano le gradinate e la piazza antistante al museo come speciale palcoscenico. Con quest’immagine di velocità e libertà, saluto Barcellona.