Testi e foto: Paolo Gianfelici
Losanna – Il percorso culinario nella Regione del Lago Lemano inizia ad Aigle in una “pinte vaudoise” , locanda tipica del Cantone Vaud, con un piatto dal nome altisonante: “liberté et patrie”. Il filetto di maiale rivestito di speck racchiude al centro una salsiccia. Il tutto accompagnato dalle lenticchie alla senape e da un bicchiere di rosso Gamay dello Chablais che racchiude la freschezza delle uve di montagna. L’altra specialità della casa è il “papet vaudois”, salsiccia mista di carne e cavolo con contorno di porri e patate. Purtroppo non posso assaggiarlo: è servito solo d’inverno. Seduto a tavola nel giardino della “pinte”, tocco con mano le foglie ed i chicchi quasi maturi dei vigneti ed assaporo insieme ai cibi uno spettacolo grandioso. Sullo sfondo, la catena delle Alpi e il cielo azzurro sopra il lago invisibile, intorno, un mare di vigne perfettamente allineate che si arrampicano verso i boschi e le rocce.
La visita del Castello medievale di Aigle che ospita il Museo del vino è d’obbligo nell’itinerario gastronomico attraverso il Cantone del Vaud. C’è di tutto: dall’iconografia di Sucellus, il dio celtico equivalente a Bacco, alle rappresentazioni fastose delle antiche feste della vendemmia, alla storia delle botti, bottiglie, bicchieri e cavatappi. Più di tutto sorprendono i due antichi torchi: quello tecnologico di proprietà di un “capitalista” protestante e quello rudimentale di una comunità di poveri vignaioli cattolici, a testimonianza di un’epoca lontana, in cui alle differenze di religione corrispondevano diseguaglianze sociali.
“Le train de vignes” che da Vevey porta a Chexbres comincia a camminare sul sentiero che come un solco attraversa i vigneti e permette di ammirarli da vicino. Sulle dolci salite ed i leggeri pendii si può anche andare in bicicletta. La cura che i vignaioli dedicano alle loro piante rasenta la perfezione e sarà difficile trovare tra il verde qualche foglia gialla. I vari appezzamenti di terreno sono suddivisi in “appellation” ma il vino (bianco) che si produce è in prevalenza lo Chasselas. Non bisogna essere degli esperti per apprezzarne la freschezza e l’aroma delicato. Se poi lo si degusta nel luogo d’origine, “immersi” nelle vigne e con il lago che occhieggia più in basso, acquisterà un fascino in più. La famiglia Jomini ha creato un piccolo spazio di degustazione proprio all’interno della propria vigna. Seduti a un semplice tavolo di legno, si sorseggia il vino e si ammira il paesaggio. Lo sguardo, prima di posarsi sulla cristallina lucentezza del lago, si sofferma sui tetti e sul campanile del paesino di Saint-Saphorin. Si aspetta l’ultimo atto – ma domani si replica – della rappresentazione. Il tramonto non delude: il verde delle vigne si fa più intenso e le rive del lago si accendono di tante piccole luci, mentre l’acqua riflette le varie sfumature, prima infuocate e poi sempre più blu del cielo.
Le ville di Nyon sulle rive del Lago Lemano appartengono alle persone più ricche d’Europa. E’ un posto per nababbi, ma anche per semplici pescatori che si alzano alle quattro del mattino per calare le reti nel lago. L’antico Village de Pêcheurs ha poche case basse con travi verniciate di marrone ed un minuscolo porticciolo. I pescatori sono intenti a pulire i coregoni ed i piccolissimi “perche”.
Li assaggio poco dopo a Vinzel, sulla terrazza del ristorante “Au cœur de la Côte”, con vista sul lago e sui vigneti. Sia i coregoni, sia i“perche” si friggono nel burro (rigorosamente svizzero). Il “perche” si mangia con una salsa di vino bianco, burro, limone e farina che lo rende molto gustoso. Ma la specialità della casa è il Malakoff che bisogna assolutamente assaggiare. L’origine del nome russo è controversa. Sembra che risalga alla Guerra di Crimea (metà dell’Ottocento), a cui parteciparono molti soldati svizzeri del Vaud, al seguito del generale francese Pélissier conquistatore del forte Malakoff. I reduci si incontravano ogni anno sulle rive del Lemano e mangiavano con grande soddisfazione le gustosissime cupolette di groviera, farina, aglio, pepe e kirsch sopra una fetta di pane. Il tutto fritto nello strutto. Doris e Philip non rivelano nel dettaglio gli ingredienti del loro Malakoff, famoso in tutta la Svizzera. Io l’ho trovato delizioso e non pesante, anche se confesso di averne mangiato uno solo e non tre, secondo la tradizione dei reduci di Crimea e degli ospiti di “Au cœur de la Côte” dove si servono i Malakoff dal 1922.
Per una degustazione dei vini della Côte consiglio una visita allo Chateau di Crans. Il Castello settecentesco sul lago non è visitabile, perché abitato dai proprietari. In compenso si può scendere nelle cantine ed assaggiare gli ottimi bianchi e rossi prodotti con le uve del vigneto. Ho bevuto un bianco Chasselas con una forte personalità, ottimo come aperitivo (qualche volta questo popolare vino svizzero ha un sapore ed un aroma un po’ evanescente, anche perché spesso viene servito troppo freddo), un Pinot Blanc , fruttato con sentori di limoni e fiori bianchi, un Viogner, il migliore dei bianchi a mio avviso, ricco di aromi di pesche ed albicocche.
Adesso capisco perché solo l’1% della produzione nazionale di vini viene esportata. Sono così buoni che gli svizzeri vogliono tenerseli tutti per sé!
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