Testo e foto: Elvira D’Ippoliti
Bruxelles – Di notte i palazzi della Grand Place sembrano merletti di pietra sbiancati dalla luce della luna. Le stradine strette del centro storico e l’acciottolato un po’ sconnesso ricordano atmosfere di tempi lontani. Il passato ed il presente convivono, anche se a volte sembrano vivere da separati in casa. La magnificenza della piazza centrale e l’altissima punta del municipio sono il simbolico faro che illumina il resto della città. Un “fascio di luce” reale e virtuale buca la notte nelle strade su cui si affacciano ristoranti di ogni tipo. Un mosaico di luci e odori si spinge al di là dell’Europa per abbracciare il mondo intero.
Per rimanere in ambito belga, non si ha che l’imbarazzo della scelta. Molti locali mettono in vetrina o espongono direttamente in strada gli ingredienti dei loro piatti: cozze ed ostriche in quantità. Si gusta con gli occhi lo spettacolo del gran via vai di terrine, scurite dal calore con cui sono servite le cozze, sempre accompagnate da una ciotola di patatine fritte. Altri piatti a base di molluschi prevedono un passaggio in forno per gratinarli. Il risultato è un insieme in cui il guscio scuro delle cozze sembra diventato il contenitore di una colorata opera d’arte gastronomica.
La birra si scrive in Belgio con la B maiuscola e la si assapora con ogni piatto, apprezzandone la leggerezza ed il gusto morbido, ma privo di indecisioni. L’atmosfera che si respira da “Chez Leon” è quella di un allegro e espansivo ambiente familiare, contento di ricevere ospiti ai quali lasciare il tempo di ambientarsi con la città. Davanti a un piatto di indivia belga, avvolta nel prosciutto cotto e gratinata con besciamella e formaggio, si matura il desiderio di girare per Bruxelles, alla ricerca di un pezzetto di città da fare propria, con la certezza di trovarla e di racchiuderla nel proprio cuore.
Di giorno le stradine del centro mostrano con orgoglio le facciate delle case, spesso strette una accanto all’altra, ma ognuna con una caratteristica diversa: la forma del frontone che nasconde il tetto, il numero dei comignoli, la forma degli abbaini. O ancora il colore dei mattoni che varia da un rosso di diverse intensità a un giallo che si nutre di luce non appena il grigio del cielo si apre e lascia spazio al sole. Il “faro della Grand Place” sostituisce in maniera immaginaria la luminosità di un cielo pigro di sole e mette in risalto intere strade dove le case strette ed a più piani, che un tempo ospitavano un’unica famiglia, si susseguono come a formare un variopinto arazzo che ci si aspetta quasi di vedere muovere dal vento invernale.
La passeggiata notturna attraverso la città è lenta e rigorosamente senza una meta precisa. Bruxelles non è una città facile da capire, anche perché le vie del centro lasciano spazio all’improvviso ad una sorta di “terra di nessuno”, sulla quale torreggiano edifici moderni e non sempre accattivanti. Ci si trova nel regno della “Gare Centrale”, una stazione ferroviaria sotterranea per la cui realizzazione è stata sacrificata una fetta della città storica. La necessità era quella di collegare la “Gare du Midi” alla “Gare du Nord” e di far passare per il cuore della capitale la maggior parte delle linee ferroviarie del Belgio.
I mattoni sulle facciate delle case, che alternano colori chiari a quelli scuri per formare semplici disegni orizzontali, indicano il percorso senza meta. E’ in questo susseguirsi di architetture strette ed alte, ma in fondo non molto grandi, che si comincia respirare veramente Bruxelles. Anche la chiesa gotica Notre Dame du Sablon è in carattere e la sua bellezza si sprigiona attraverso le dimensioni relativamente piccole. Forse tutta Bruxelles è una piccola città costretta dalla storia a crescere troppo in fretta. A lato della chiesa un giardino all’italiana, lo Square du Petit Sablon, risplende nel verde delle sue aiuole. Anche il parco è piccolino, ma la grata in ferro battuto che lo delimita è massiccia e sulla sommità fanno mostra di sé una serie di statue in rame che rappresentano persone “sorprese” nella loro attività di artigiani o mercanti.
A Bruxelles le persone amano bere, oltre alla birra, la cioccolata a tutte le ore. Da Marcolini, a Place du Grand Sablon, è venduta in bicchieri da “passeggio”. Pierre Marcolini è il titolare di una boutique del cacao che confeziona cioccolatini che somigliano a gioielli e spesso hanno anche prezzi azzardati. Nella galleria Royales Saint Hubert l’alternativa alla birra può essere lo champagne. Il negozio “Champagnothèque” espone bottiglie famose e meno conosciute e ai tavolini nel retro, arredato con semplice originalità, si possono fare vere e proprie “escursioni” nel pianeta del vino più raffinato del mondo.
Per tornare con i piedi in terra di Bruxelles ci si tuffa nella storica birreria “La mort subite”. Il nome appare lugubre, ma la sua origine è legata al gioco dei dadi in cui il perdente era soprannominato appunto il morto. Il fatto è che la birreria si trovava nei pressi della Banca Nazionale che non essendo dotata di molti sportelli, costringeva i clienti a lunghe noiose file. Per “ammazzare” il tempo si preferiva bersi una birra tra amici, ma quando si apprestava il momento del proprio turno non si poteva far altro che augurarsi una “mort subite” o si era costretti a rimettersi in fila. L’aggettivo che meglio definisce la birreria adesso è: divertente. E davanti a un bicchiere di Chimay Blue, una birra creata dai trappisti e guardandosi intorno, si capisce che in verità è tutta Bruxelles a essere divertente, informale, cosmopolita, europea, disordinata quanto basta per essere creativa, ma accogliente come solo una città seria sa esserlo. Le persone parlano tra di loro e si sorridono davanti a calici di birra scura o chiara, i vecchi specchi moltiplicano l’atmosfera leggera e gioiosa, oltre che l’immagine dell’ampio stanzone con la doppia fila di colonne al centro. I tavoli sono vecchi quanto basta per risultare “collaudati” da innumerevoli buone bevute e il calore si diffonde con continuità da monumentali termosifoni in ghisa.
Per la cena entriamo nel “Restaurant Vincent”, ambiente allegro e pieno di vita quanto lo era “La mort subite”. Bruxelles ci delizia con le sue specialità gastronomiche: le “croquettes aux crevettes”, deliziose crocchette di gamberetti amalgamati con una salsa densa e formaggio e poi fritte e il “filet americain”, della carne cruda preparata a vista dal cameriere con gesti impostati da vero attore che aggiunge al macinato di bue cipolla, maionese, capperi tritati, pepe, sale e tabasco. Mentre muove il coltello con perizia fino a dare alla carne la forma di una bistecca, il cameriere fischietta allegramente, ma senza ostentazione.
Fuori, a breve distanza, il “faro” della Grand Place continua a diffondere la sua luce sulla città.
Informazioni utili: Ufficio Belga per il Turismo Bruxelles – Vallonia www.belgioturismo.it