Testo e foto: Elvira D’Ippoliti
Basilea – Come un’enorme calamita Basilea attira su di sé espressioni artistiche di tutti i generi. E come in preda a una sfida con se stessa è anche una città in continua trasformazione. Difficile applicare a Basilea i canoni classici dell’agglomerato urbano più o meno bello o famoso: qui si crea, e in una chiesa è possibile far posto a un caffè, mentre una fontana (quella di Tinguely) è un tale buffo insieme di ruote che girano nell’acqua e ne agitano la superficie con cucchiai, schiumaiole e spruzzi di varie dimensioni da essere una fonte di meraviglia. Viene da pensare che gli abitanti di Basilea siano persone molto generose che superano il concetto di luogo dove vivere che deve essere banalmente rassicurante e osino un continuo sperimentare. A tutto vantaggio loro e dei loro visitatori.
Di loro durante un soggiorno nella città sul Reno si apprezza la cordialità, accentuata dalla grazia vocale di un dialetto che modula le frasi, allungandone l’ultima parte come a volerla lasciare in sospeso. Si può visitare la città comodamente a bordo dei tanti tram che l’attraversano. Dalla stazione delle ferrovie svizzere (a Basilea, vista la particolare situazione geografica, se ne trovano anche una tedesca e una francese) in pochi minuti si arriva al Messeplatz. In una città “normale” può anche accadere che i padiglioni di una fiera siano anonimi (se non brutti), a Basilea invece per fare la nuova City Lounge si sono messi all’opera due architetti nati qui ma ormai famosi in tutto il mondo: Jacques Herzog e Pierre de Meuron. Un po’ come nella canzone “Tutta mia la città” i due geni delle forme non si sono limitati agli edifici gemelli color argento, la cui superficie è un trionfo di lamelle sbalzate che li fa sembrare a pesci guizzanti, uniti da una tettoia la cui linearità è interrotta da un enorme oblò che fa passare la luce e cattura lo sguardo. Loro è anche l’avviato restauro del casinò cittadino, la costruzione della torre Roche e quella Meret-Oppenheim, l’ampliamento del Klinikum, il restauro del ristorante Volkshaus – solo per citare alcuni progetti – e svariati studi sulla città. In questa gara a rendere Basilea sempre più bella e contemporanea Herzog & de Meuron sono affiancati da molti artisti, scultori, pittori, fotografi. La “Art Basel” che si svolge all’interno dell’edificio-pesce è la più grande fiera d’arte a livello internazionale (l’edizione di quest’anno si svolge dal 19 al 22 giugno) e anche se a Basilea si va essenzialmente per comprare arte, il fermento è palpabile e elettrizzante.
Per chi artista non è l’unico modo per godere le emozioni inafferrabili di un’opera è il collezionismo. La Fondazione Beyeler è custodita in uno stupendo edificio contemporaneo di Renzo Piano dalle linee pure e squadrate e circondato da un giardino dalla bellezza tranquillizzante. Davanti a una delle facciate, uno stagno artificiale e geometrico rende l’insieme ancora più idilliaco. All’interno ci si concentra sulle opere esposte, ma quando l’architettura lo permette, lo sguardo si perde nella natura distante solo poche fermate di tram dal centro città. L’artista tedesco Gerhard Richter (la mostra a lui dedicata si può ammirare fino al 7 settembre) ha curato personalmente l’allestimento delle sue opere. Il percorso emoziona e ha la facoltà di trasportare il visitatore in quel raro e ricercato stato d’animo, nel quale il mondo, le cose, gli esseri umani e i loro destini, la luce e i suoni si fondono insieme per creare il Bello. Richter realizza tele completamente grigie, altre attraversate da fittissime righe colorate, installa sculture fatte di lastre di vetro e, soprattutto, dipinge quadri realistici nei quali dei piccoli particolari annullano il realismo e generano profonde emozioni.
Di ritorno al centro ci si rende conto che l’esperienza Basilea è qualcosa di più di una visita in città. I tanti particolari che compongono la vita quotidiana si fanno improvvisamente carico di un messaggio artistico che lungi dall’appesantirla, rende la città divertente e frizzante. Guardando dal finestrino del tram, si nota come in alcuni punti i binari solchino un bel prato verde. Anche questa un’opera d’arte? Lo sferragliare sui binari accompagna l’attraversamento del Reno: è enorme e la sua corrente appare impetuosa. Eppure in quattro diversi punti della città la “singolar tenzone” tra fiume e uomo si svolge a colpi di deliziose barchette di legno legate a un robusto cavo d’acciaio teso tra una riva e l’altra che le trasforma nell’ideale dei traghettatori. Per sperimentare questa emozione semplice, ma efficace quanto la più complicata performance artistica basta scendere una piccola scalinata dietro il Duomo affacciato sul fiume. Qui Basilea è tranquilla e tradizionale e si rivela una volta di più una città piacevolmente trasformista. Arrivati sul minuscolo molo se il traghetto dovesse trovarsi sull’altra riva bisogna suonare l’apposita campana per richiamarne l’attenzione. “Con forza!”, avverte un’abitante del luogo, “Altrimenti il traghettatore – che potrebbe essersi appisolato – non sente”. Come in un film al rallentatore la barchetta inizia a muoversi solcando il fiume con un movimento leggermente innaturale vista l’intensità della corrente e raggiunge la riva. Una volta a bordo si paga un piccolo pedaggio e si parte per la sponda opposta. Il traghettatore è un personaggio particolare, con lunghi capelli biondi e i piedi scalzi. Chissà come passerà le sue giornate da capitano di un vascello legato a un cavo d’acciaio. Inutile porsi la domanda perché anche lui, come tanti (tutti?) gli abitanti di Basilea è semplicemente e meravigliosamente un artista.
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