Arad (Tid-press) – Il monastero di S. Simeon Stâlpnicul si trova all’estrema periferia, dove la città si trasforma in un villaggio composto da vecchie casette ad un piano con il giardino e l’orto. La chiesa principale, un edificio barocco della metà del Settecento, è gremita di fedeli, malgrado sia la mattina di un giorno feriale. Il pope ortodosso legge con un tono ieratico una lista senza fine. Sono i nomi dei defunti ricordati durante la funzione religiosa. I parenti, donne anziane di campagna, ma anche giovani di città, ascoltano in piedi in silenzio e pregano. Solo le persone più malandate in salute (ve ne sono alcune che arrancano distrutte dall‘artrosi) hanno il diritto di appoggiarsi ai sedili in legno sistemati lungo le mura.
All’interno della chiesa, vicino al portone d’ingresso, c’è una tavola imbandita con frutta secca e fresca, pane, dolci, vino e liquori. Sono le offerte in memoria del defunto. Dopo la funzione saranno a disposizione dei poveri. L’atmosfera è impressionante. Ricchezza e povertà, salute e malattia, vita e morte si prendono per mano.
All’interno delle mura del monastero c’è anche la bellissima e tenera chiesetta in legno di Densus. Isolata, in mezzo ai prati e agli alberi, sembra spuntare all’improvviso da uno scorcio del Medio Evo romeno.
Arad:Il monastero di S. Simeon Tid-press |
La chiesetta di Densus Tid-press |
Arad è una città con una vecchia tradizione industriale e commerciale. Anche oggi è al centro di una delle zone più sviluppate del paese. Dalla terrazza del mio albergo faccio una panoramica a trecentosessanta gradi. Il centro storico è in prevalenza formato da palazzi e chiese dell’Ottocento e della prima metà del Novecento. Sono edifici di provincia solidi e prestigiosi. Oggi ospitano i nuovi negozi della società dei consumi (per pochi) e gli uffici delle nuove aziende, tra cui molte italiane. In lontananza, dietro l’ansa del fiume Mures, si vedono i quartieri dell’epoca comunista con le sagome degli enormi “bloc” d’appartamenti, le fabbriche gigantesche, simboli di un mondo morto e sepolto.
Esco da Arad in direzione di Lipova. E’ una magica e quieta cittadina con il bazar turco del Seicento, la solenne chiesa ortodossa della Dormizione della Vergine, l’imponente chiesa cattolica barocca S. Maria a Radna, le antiche case basse circondate da giardinetti. La facciata del bazar, con le arcate sorrette da pilastri cilindrici e decorata da piatti di ceramica smaltata è molto bella.
Arad /Tid-press |
Vinga: il Comune /Tid-press |
Proseguo per Paulis, un paesino adagiato alla fine di una pianura immensa, sotto una grande collina ricoperta dei vigneti di Minis. E’ il regno della Cadarka, la specie d’uva autoctona che produce un vino rosso scuro e denso. Nelle cantine della Wine Princess, un’ azienda che ha restituito in pochi anni la qualità, decaduta a scapito della quantità (quando l’azienda apparteneva allo Stato), assaggio i vini degli ultimi anni.
I bianchi sono profumatissimi, come il Riesling Italiano, o il Traminer che ha l’intensa fragranza delle rose. Eccellenti anche i rossi, come il Pinot Noir, il Merlot, il Cabernet Sauvignon e, naturalmente, il Cadarka.
Lascio alle spalle le basse colline di Paulis per dirigermi verso le prime vere montagne che si incontrano da Occidente, non solo venendo da Arad, ma addirittura da Budapest ed oltre. La sterminata Pianura Pannonica si arresta a Moneasa, sulle pendici dei Monti Codru-Moma. Qui i Carpazi sono ancora molto bassi, ma già si preannuncia la loro bellezza. Nelle foreste di cerri e di faggi l’ aria è molto frizzante, perché le correnti trasportano in giù i profumi dei boschi di conifere, presenti già a 700-800 metri d’altezza. Sorgenti d’acqua termale, precipizi di centinaia di metri, grotte carsiche rendono questo luogo vario, interessante, unico dopo centinaia di chilometri di paesaggio piatto.
L’aristocrazia ungherese alla fine dell‘Ottocento (questa regione apparteneva allora al Regno d’Ungheria) se ne rese conto e costruì qui grandi ville in mezzo ai boschi che successivamente sono state trasformate in Hotel. Alcune di recente sono state ristrutturate e uniscono armoniosamente il fascino dell’antico con le comodità del presente.
Dopo tanta pianura colorata del giallo-oro dei campi di granturco, gli occhi avevano proprio bisogno di posarsi sul verde intenso dei Monti Codru-Moma. Mi incammino per il sentiero del bosco con Pavel Dulhaz, l’esperta guida del luogo. Un forte vento carico ci sferza il viso. Le sorgenti d’acqua termale scorrono a fianco di ville suntuose e di un’antica foresteria seminascosta dalle quercie.
Al ritorno pranziamo al ristorante dell’Hotel Moneasa con una “ciorba”, minestra molto saporita di carne e verdure, un’ottima sogliola fritta in padella, accompagnata dalla “mamaliga”, la polenta di mais macinato a grana grossa. Il tutto con un paio di bicchierini di “tuica batrina” l’acquavite di prugne invecchiata.
Sono pronto a proseguire l’itinerario attraverso i Carpazi Occidentali.
Info:
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22.10.2005
Lipova: il bazar /Tid-press |
La fortezza di Soimas /Tid-press |