Testo: Elvira D’Ippoliti
“A proposito del gusto” di Ernesto Di Renzo è un libro generoso ed energetico. Come se la prosa e il tema, il cibo che ci fornisce energia, avessero trovato il modo di procedere in parallelo. L’autore, docente di antropologia dei patrimoni culturali e gastronomici dell’Università di Roma Tor Vergata, sa bene di cosa parla e lo fa con quel pizzico di leggerezza che rende i più vari argomenti, trattati nelle 50 dissertazioni che compongono il volume, delle ideali finestre spalancate su scenari sempre nuovi sull’alimentazione umana in tutto il mondo. Un argomento che può apparire semplice, ma in verità è complesso in modo affascinante. Decisamente gustose sono le dissertazioni enunciate sotto il titolo “Ma quanti sono i galatei?” o “Dentro al frigo”, dove la porta dell’utile elettrodomestico si spalanca su un universo personale, trasformando il frigorifero in “una cosa che più di qualsiasi altra ha il potere di farci scoprire la reale indole delle persone, la loro natura più veritiera”.
Ma l’argomento cibo può essere come un’invitante torta a strati. Ecco che nel libro si affronta – giustamente – l’atteggiamento poco costruttivo dell’Italia che, invece di agire come i francesi che per “attestare al mondo intero l’elevato valore culturale del loro modo di mangiare” l’hanno proposto nella Lista del patrimonio immateriale dell’umanità, ha scelto di far parte di quel gruppo di paesi accumunati dalla dieta mediterranea che “ragionando in termini di marketing e di auto narrazione, vede l’Italia penalizzarsi nel suo non essere titolare di un heritage gastronomico che la caratterizzi e la esclusivizzi come Paese”.
E ancora, per muoversi in ambito sociologico, ecco l’analisi delle contemporanee desperate housewives che al tempo del coronavirus riscoprono “abilità ataviche nell’arte dei fornelli che le nostre (bis)nonne possedevano più per predestinazione che per libera scelta”. O la questione che connota la società del passato come dedita alla “saccaromania” e quella attuale alla “saccarofobia”. Non poteva mancare, come recita il sottotitolo, una finestra sul vino, sia per raccontare come nella Roma antica fosse vietato – purtroppo – alle donne, sia per ragionare tra l’altro sul fatto che il vino è una sostanza di tipo metamorfico, visto che è un liquido del tutto diverso dalla sua materia d’origine. Per finire, o meglio per continuare perché questo libro è come l’appetito che vien mangiando, ecco la dissertazione sul pane definito come “spazio intrappolato nella materia”, ma così ricco di aromi e di storie da essere il più favoloso e semplice cibo universale.
Ernesto Di Renzo
“A proposito del gusto”
Cinquesensi Editore