Brunella Marcelli
Bertinoro – Questo paese ha saputo trovare la sua narrazione. Borgo medievale della Romagna riesce d’impatto a trasmettere ai visitatori una storia di bellezza, intessuta col senso di ospitalità e operosità che connota queste genti. E l’ospitalità, in questo caso, è una filigrana color oro. La leggenda narra, infatti, che a Galla Placidia, in sosta a Bertinoro, fu offerto il vino Albana da un recipiente in terracotta. Degustando il nettare d’Albana prodotto dalle vigne locali, la stessa sentenziò: “Non di così rozzo calice sei degno, o vino, ma di berti in oro”. Un gesto, quello dell’offerta della coppa di vino, che è un chiaro segno di accoglienza. Un vino dorato inscritto nella storia, nelle radici di un popolo. E un nome “Bertinoro” che reca traccia di una stratificazione di significati, magari leggendari, ma che fanno parte di narrazioni popolari che determinano il carattere di una popolazione nella storia e nel tempo.
Il “1° Master Albana” ha dato modo nei giorni scorsi agli appassionati del vino, esperti del settore, enologi, imprenditori vitivinicoli o neofiti, di approfondire l’universo Albana, il primo vino bianco in Italia a ricevere nel 1987 il riconoscimento D.O.C.G., la Denominazione di Origine Controllata e Garantita, come attestazione della sua storicità e del suo legame con il territorio.
Introdotto dai Romani, questo vitigno rappresentativo della Romagna, ha trovato a Bertinoro, e in generale nelle colline di Forlì e Cesena, il terroir adatto a conferire all’Albana complessità e struttura. Un tempo era il vino dei contadini, ma negli ultimi decenni la produzione ha ritrovato nuovo vigore, grazie al perfetto connubio tra tradizione e innovazione nei processi di vinificazione che ne hanno aumentato gli standard di qualità, mantenendo però inalterati i tratti del suo carattere. Quei tratti che destano meraviglia già al primo sorso.
Non era facile raccontare la capacità distintiva di questo vino di grande personalità, non paragonabile ad altri nel mondo per sapore, colore e profumi.. Ma la kermesse è riuscita nell’impresa di trasmettere il valore di un’unicità, espressione di un territorio altrettanto unico, coinvolgendo produttori e appassionati in una celebrazione che guarda al futuro. Una celebrazione coniugata in esperienza alla Ca’ de Bé, prima enoteca dei vini di Romagna, dove i commensali hanno potuto degustare l’Albana e i suoi possibili abbinamenti, nella cena a tema sui suoi “profumi e sapori ”.
Non solo Albana. La Fattoria Paradiso di Bertinoro è un luogo mitico. Le foto appese ai muri narrano un pezzo di storia dell’enologia di Romagna e del suo apprezzamento nel mondo. Ma soprattutto raccontano la storia di Mario Pezzi, geniale produttore di vini, cui si deve la riscoperta dei vitigni autoctoni Barbarossa, Cagnina e Pagadebit. Varcare la cantina è come entrare in un “Sancta Santorum”. L’esperienza è emozionante. Le pareti che costeggiano la scala sono impreziosite da bottiglie di storiche annate della cantina. L’enoteca è un tempio dedicato alla conservazione e alla tradizione del vino. Qui si respira il valore della cultura nel tempo.
Tradizione e valori familiari anche al Caseificio Mambelli, le cui produzioni tramandano le antiche sapienze artigianali. Pur avvalendosi di moderne soluzioni tecnologiche, i prodotti mantengono intatta la genuinità e la naturalezza dei prodotti di un tempo, evitando qualsiasi trattamento artificiale. Specialità cult: lo squacquerone di Romagna D.O.P. e la ricotta ottenuta dal latte. Quest’ultima venne prodotta per la prima volta da nonna Elsa, utilizzando metodi artigiani. Degno di nota è l’utilizzo dell’acqua termale delle Fonti di Fratta, situate proprio a pochi chilometri da Bertinoro. Tali acque, ricche di sali minerali, oltre alla pienezza del sapore, garantiscono la totale naturalezza di un prodotto senza l’impiego di sali da laboratorio.
Naturalezza è la parola chiave per comprendere un altro luogo del cuore di un territorio che riserva sorprese. Ca’ Bevilacqua è un bed&breakfast di charme, immerso in 3 ettari di verde. Il letto di antica foggia, immerso nel bosco, stampato nella cartolina di presentazione ci invita al relax, alla meditazione. Siamo nel cuore della Romagna e siamo altrove. Le zebre, i marabù, i fenicotteri, le gru, le cicogne e i pappagalli che incontri nel parco possono sembrare miraggi, ma sono reali. E questo potente senso di straniamento, garantisce di certo il riposo, attraverso una magnifica esperienza di distacco.
Una storia di ospitalità e operosità, avevamo detto all’inizio. Il senso di un abbraccio che domina un territorio fatto da genti che amano condividere tra loro e con gli altri. Il nostro viaggio non poteva che concludersi sulla Rocca Vescovile di Bertinoro, costruzione difensiva del X secolo che si fonde sugli speroni di roccia. Oggi la Rocca, oltre a essere sede del Centro Residenziale Universitario legato all’Alma Mater Studiorum di Bologna, ospita il Museo Interreligioso, un “unicum”, spazio di incontro e dialogo tra i tre monoteismi: Cristianesimo, Ebraismo e Islam. L’aspetto comparativo del percorso museale, segnato dalla riflessione e dal confronto, rimanda a quei valori di tolleranza, accoglienza e integrazione, tratti culturali distintivi di questo territorio, di grandi aperture, di grandi orizzonti.
Quell’orizzonte vasto che si apre dalla terrazza della piazza di fronte al Palazzo Comunale. Al centro, un simbolo di cui i Bertinoresi vanno giustamente fieri: la Colonna delle Anella, detto anche dell’ospitalità. A ogni anello corrispondeva una famiglia. Legando il cavallo a una delle dodici anella, il pellegrino poteva individuare la casa che lo avrebbe accolto. Un rito, quello dell’ospitalità, che ha radici antiche; un accordo in nome del dialogo sancito per superare le rivalità sul territorio. Un rito, simbolo dell’accoglienza verso gli stranieri e l’amicizia tra i popoli, che viene rievocato anche ai giorni nostri la prima domenica di settembre; ma che può essere rinnovato ogni giorno anche sorseggiando un calice di Albana.