Testo e foto: TiDPress
Interlaken – Gli “scalatori ferroviari” partono dalla stazione Kleine Scheidegg ( ma il “Campo base” più a valle è la stazione di Interlaken Ost) da dove inizia la salita del treno della Jungfrau, e arrivano comodamente a 3454 metri sul Top of Europe. I binari che attraversano queste montagne tranquille, tra boschi e ruscelli sono della Wengernalpbahn. I treni hanno un aspetto semplice e un po’ retrò.
Il treno si muove lungo il primo tratto a cielo aperto. Alla stazione Eigergletscher, dalle carrozze scendono molti passeggeri con zaini e scarponcini che desiderano solo godersi una camminata nella natura. Poi arriva il tunnel. La parete di roccia sfila a poca distanza dal finestrino: di sasso grigia e irregolare, ha mantenuto tutta la sua ruvida bellezza. Questo abbraccio della montagna, intimo ed intenso, può risultare per qualcuno soffocante e claustrofobico.
Gli altoparlanti annunciano la prima stazione nel chiuso della montagna, la Eigerwand (parete Eiger). Il treno rallenta e ferma in salita. Tutti scendono e quasi corrono lungo il tunnel che si apre perpendicolare a quello ferroviario. Alcuni finestroni sono stati aperti nella roccia e, protetti dal vetro, i viaggiatori provano l’ebbrezza di stare dentro la montagna e guardare fuori come affacciati da un grattacielo primordiale.
Le vetrine rendono molto simile la prima alla seconda stazione racchiusa nella montagna: Eismeer (mare di ghiaccio). La scena si ripete – il treno ferma, tutti scendono, tutti corrono verso le finestre panoramiche e si stupiscono – e forse qualcuno non si rende nemmeno conto che la massa di ghiaccio che osserva si trova sul versante opposto della montagna rispetto alla parete nord. Si viaggia di nuovo nel buio, illuminato dalle luci della carrozza. Si è all’interno del Mönch adesso. Il capolinea è un ampio stanzone disadorno che somiglia ad un’officina più che a una stazione.
Il Top of Europe. Per esigenze climatiche gli sbocchi all’esterno sono pochi. Corridoi, scale ed ascensori collegano tra di loro gli ambienti. La piattaforma panoramica sul ghiacciaio dell’Aletsch è una delle attrazioni più visitate. Si cammina sulla neve eterna e si guarda in faccia l’inizio del ghiacciaio: un fiume di gelo lungo ventitre chilometri. Una ragazza giapponese, uscita in calzoncini e infradito di plastica, cerca di scaldarsi congiungendo le braccia al petto. L’estate d’alta montagna è estrema, quanto il suo inverno, quando il plateau può trasformarsi in un ambiente ostile spazzato dal vento a meno ventisette gradi. Le curve del ghiacciaio seguono la propria strada nella neve. Si guarda lontano e si vede solo silenziosa, perdurante bellezza.
Si torna al coperto. Nel palazzo del ghiaccio ci si muove lungo corridoi bianchi scivolando su gelidi pavimenti. In estate si ha la sensazione di essere stati chiusi in costume da bagno in un freezer e il freddo è talmente intenso che quasi non si notano le sculture ritagliate nelle pareti di ghiaccio. Nel rifugio tecnologico d’alta quota ci sono ristoranti, caffetteria, negozio di souvenir, l’ufficio postale più alto d’Europa. In ogni ambiente è presente un grande pulsante per chiedere aiuto in caso di necessità, ma l’atmosfera e allegra ed i cuori meravigliati non soffrono per l’altitudine.
La cupola color argento dell’osservatorio astronomico è stata costruita su uno spunzone di roccia ed è raggiungibile con un ascensore supersonico (il più rapido della Svizzera) che “spara” in pochi secondi le persone su per centoundici metri. La terrazza dell’osservatorio è aperta al pubblico. Dietro le persiane chiuse dell’edificio sul quale poggia la cupola – la cosiddetta sfinge – si incontrano scienziati arrivati da tutto il mondo per condurre esperimenti sulla stratosfera, l’ozono, l’inquinamento ed i cambiamenti climatici, sui fenomeni astronomici e sul Sole. La High Altitude Research Station sulla Jungfraujoch è una realtà internazionale che monitorizza costantemente lo stato di salute del pianeta.
I turisti continuano a fotografarsi a vicenda sullo sfondo delle montagne gigantesche. Alcuni uccelli scuri si sono posati sui fili che ingabbiano la terrazza per proteggerla dai fulmini. Come in una favola fantasy si immagina di volare a cavalcioni su un uccello d’altura per sperimentare cosa vuol dire riempirsi il cuore di grandezza. Le vette sono frastagliate o mostrano linee così nette che sembrano progettate da un architetto. La neve che d’inverno addolcisce il paesaggio, d’estate lascia decidere alla roccia di affiorare nei punti che ritiene più opportuni. Il cielo è il più grande del mondo.
Informazioni utili:
PAOLO GIANFELICI, ELVIRA D’IPPOLITI “SVIZZERA IN TRENO”, IBN Editore