Ostrov (TidPress) – I centoquaranta chilometri che separano Bucarest da Calarasi sulle rive del Danubio sono piatti e monotoni. Guardo dal finestrino dell’auto che corre sull’autostrada per Costanza ed ho l’impressione di essere sempre nello stesso posto: una pianura sterminata senza case, né alberi, tappezzata solo con il giallo-oro dei campi di grano.
Sulla riva del grande fiume, invece, tutto è verde, ma con gradazioni e sfumature diverse: dal verde-blu dell’acqua al verde scuro dei pioppi, dal verde oliva dei salici al pastello delle tenere foglie di vite.
I vigneti ed i frutteti degradano sui pendii verso il Danubio. Un tempo appartenevano ad una gigantesca azienda agricola di stato. Da tre anni terreni e fabbricati sono stati acquistati da Oana Belu, una giovane, energica (e anche bella) imprenditrice di Bucarest, che, insieme al fratello Horia, ha deciso di imprimere una svolta qualitativa alla produzione del vino, impiantando nuove vigne e facendo venire un enologo dall’Italia.
Oana ha capito le grandi potenzialità turistiche di questo luogo, un angolo sconosciuto dell’Europa orientale che merita di essere scoperto ed esplorato. Si è così deciso di ristrutturare gli edifici della vecchia azienda agricola d’epoca comunista e di trasformarli in agriturismi, sale d’esposizione per eventi artistici e in un hotel immerso nella natura. Entro due anni il progetto sarà realizzato, ma già nel 2008 si è svolto a Ostrov un incontro di artisti europei che hanno prodotto opere di scultura e di pittura che ora sono esposte nei giardini e nelle sale dell’azienda.
Il Danubio ad Ostrov |
Il Danubio dall’isola |
Ostrov nelle lingue slave vuol dire isola. Attraversando il Danubio sul traghetto si passa vicino ad una spiaggia di sabbia bianca su cui si sono posati centinaia di uccelli. E’ un’isola lunga alcuni chilometri, coperta di boschi e di campi coltivati.
Quando si arriva sull’altra sponda si scopre che la Bulgaria dista solo poco centinaia di metri. Una deviazione a Silistra, la città bulgara di frontiera, per vedere la moschea, il forte ottomano e i resti del porto romano è d’obbligo.
Questo angolo d’Europa, oggi periferico e dimenticato, ebbe nell’antichità e nel Medio Evo una grande importanza strategica. Gli antichi romani costruirono il porto per smistare il traffico delle merci nelle direttrici est-ovest e nord-sud. I bizantini edificarono una fortezza nel Decimo secolo sull’isola Pacuiul lui Soare per controllare i traffici sul Danubio, navigato anche dai genovesi e dai veneziani.
Secondo le ipotesi dell’archeologo Marian Neagu, direttore del Museo Danubio Inferiore di Calarasi e del suo maestro il Prof. Petre Diaconu, sull’isola Pacuiul lui Soare sarebbe stata fondata nel l’Alto Medioevo la città bizantina di Vicina, importante centro commerciale, militare e religioso con più di cinquemila abitanti. Un terremoto l’avrebbe fatta sprofondare nel Danubio.
I vigneti dell’Azienda agricola di Ostrov |
Oana Belu tra le rovine dell’isola |
Attratto dal mistero della città sommersa, attraverso il Danubio su una barchetta, al seguito dell’archeologo Neagu e di alcuni suoi seguaci. Il peso dei passeggeri è notevole e l’acqua del fiume, profondo circa venti metri e segnato da forti correnti, arriva quasi sul bordo superiore dell’imbarcazione.
Sull’isola un pescatore mostra con orgoglio un pesce siluro, appena pescato, che qui chiamano “somn” (Silurus Glanis). Neagu racconta che il prof. Diaconu durante le sue esplorazioni subacquee alla ricerca della mitica cupola dorata della cattedrale di Vicina ebbe uno scontro con un pesce siluro (possono arrivare fino a due metri e pesare anche duecento chili). L’archeologo ne uscì malconcio e dovette farsi ricoverare in ospedale. Da allora le ricerche sul fondo del fiume sono state sospese. Di deviare il corso delle acque neanche se ne parla a causa dei costi. L’unica speranza di far riemergere Vicina è affidata allo stesso Danubio. Sembra che nei prossimi anni le correnti porteranno molta sabbia nel punto in cui la città bizantina è sprofondata. La terra ferma riemergerà e si potrà scavare utilizzando i normali sistemi.
Per ora si possono vedere solo i blocchi di pietra squadrata che formavano le mura di cinta, lunghe centinaia di metri, della fortificazione e le opere del porto bizantino, a cui approdavano anche le navi delle repubbliche marinare italiane.
Sulla via del ritorno incontriamo di nuovo i pescatori del pesce siluro che con grande cordialità ci invitano ad una grigliata. Purtroppo, non abbiamo tempo: dobbiamo traghettare subito perché il sole sta calando.
Arrivato sulla riva opposta,mi fermo ad osservare il tramonto.Il sole ha disegnato sulla superficie dell’acqua il ponte che non c’è: una striscia rosso-oro che unisce la riva bulgara con quella romena.
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18.06.2009
Pescatori sull’isola |
Silistra (Bulgaria): tramonto sul Danubio |
La moschea di Silistra I |
Passeggeri del traghetto sul Danubio |